lunedì 16 ottobre 2017



ERACLITO E L'ESPERIENZA DEL DIVENIRE.



Eraclito visse nella città di Efeso.

Egli negava di aver avuto dei maestri e affermava di aver conquistato da se la propria sapienza.
Nella tradizione è rappresentato come discendente della stirpe reale.

Dalla sua unica opera intitolata intorno alla natura ci restano solamente frammenti: aforismi brevi ed enigmatici che gli valsero l'appellativo di "oscuro".

La sua riflessione veniva rappresentata da:
-il flusso universale;
-il lógos e la legge dei contrari.

      



     IL FLUSSO UNIVERSALE

Eraclito partiva dal presupposto che nel mondo non c'è nulla che sia in uno stato di quiete: tutto è costantemente in movimento.
c'è conflitto nella città, nella natura: con il continuo alternasi di elementi contrari, come acqua, fuoco e aria.

->tutto muta incessantemente.

Secondo Eraclito "tutto scorre" ("Panta Rei").

Inoltre, egli identificava il principio primo con il fuoco, elemento mutevole e distruttore per eccellenza.

   
  IL LÓGOS E LA LEGGE DEI CONTRARI

Stando a quanto pensato dal filosofo di Efeso, dietro alla scissione e la trasformazione delle cose si nasconde un ordine razionale visibile soltanto agli uomini saggi, cioè i filosofi,"gli svegli", e non a quelli considerati "i dormienti".

Per Eraclito l'indipendenza e l'inscindibilità dei contrati è la legge fondamentale dell'universo e per sottolineare l'intrinseca razionalità egli la indica con il logos ("ragione").




Sara Keller 3B

giovedì 5 ottobre 2017


LA VITA DI PITAGORA

Pitagora nacque a Samo intorno al 570 a.C. e morì a Metaponto intorno al 490 a.C.
Egli fu un matematico, legislatore e filosofo greco antico.
Il suo nome probabilmente deriva da "pithia" il tempio di Apollo e "agorà", la piazza.


Egli compì numerosi viaggi verso l'Egitto e in Oriente, venendo a contatto con le dottrine degli Egizi, dei Caldei, dei Persiani, degli Ebrei e degli Indiani.
Poi emigrò a Crotone dove fondò una scuola pitagorica. 
Poi pare che sia fuggito e giunto a Metaponto, in Lucania, città in cui morì.

La figura di Pitagora divenne leggendaria e venerata dagli allievi proprio come fosse una divinità. 

Della scuola pitagorica non ci giunse nessuna opera.
Da questo si pensa che Pitagora non scrisse nulla.



Sara Keller 3B

I PITAGORICI
e la concezione matematica della natura.

Secondo Pitagora la matematica costituiva lo strumento fondamentale d'interpretazione della realtà.
Pitagora nacque a Samo, ma quando si stabilì a Crotone, 
fondò una nuova scuola filosofica, la "Fratellanza Pitagorica", un associazione politico-religiosa di carattere aristocratico.
Molti dei caratteri di questa scuola fanno pensare ad una setta religiosa, in cui si praticavano regole ascetiche

Pitagora era considerato dai suoi seguaci come una divinità.

I discepoli si differenziavano fra:
  • acusmatici (o ascoltatori), ai quali era imposto il silenzio ed una rigida disciplina di comportamento.
  • matematici, i quali potevano fare domande ed esprimere opinioni personali e ai quali venivano rivelate le dottrine più impegnative del maestro.
Le dottrine dei pitagorici riguardano principalmente due argomenti:
  • la dottrina dell'anima.
  • la dottrina del numero.

LA DOTTRINA DELL'ANIMA
Pitagora era mosso dal desiderio di trovare una via di purificazione per l'anima.
La sua ricerca muove da una dottrina ripresa dall'orfismo (movimento religioso ispirato al poeta Orfeo).
Gli Orfici, ritenevano che dopo la morte, l'anima fosse destinata a reincarnarsi fino all'espiazione delle proprie colpe.
Era possibile interrompere il ciclo delle rinascite in corpi sempre diversi attraverso i riti di purificazione.

Pitagora quindi si concentra nello studio dei mezzi per ottenere la liberazione dell'anima; tali strumenti sono da lui individuati in una prassi di vita ascetica e soprattutto nell'esercizio della filosofia (che era intesa come una via per la salvezza).


LA DOTTRINA DEL NUMERO
Fra le due dottrine c'è un nesso molto stretto.
La vita del filosofico infatti si caratterizza per l'ordine e la misura con cui riesce a tenere a freno gli istinti del corpo.
Quest'ordine pervade tutto l'universo, o "cosmo" fin ogni sua manifestazione.
I Pitagorici arrivarono ad affermare che la vera sostanza delle cose risiede nel numero.
Infatti è grazie a questo che non possiamo cogliere la realtà profonda del cosmo, fatta di proporzione quantitativa tra gli elementi.


IL NUMERO COME PRINCIPIO DELLA REALTA'
I pitagorici arrivano a considerare il numero come il vero e proprio principio generatore di tutte le cose, quindi l'arché.
I Pitagorici rappresentavano il numero come un punto dotato di estensione spaziale, identificando aritmetica e geometria:
Il numero era una forma geometrica e una forma geometrica era un numero.

Modello rappresentato dal pitagorico Filolao:


punto                    linea                          superficie                        solido 


Se il numero è la sostanza del cose, per capire i rapporti tra di esse dobbiamo fare riferimento ai rapporti tra i numeri: poiché questi si dividono in pari e dispari.

Pari, entità illimitata, simbolo di imperfezione, del male, disordine, caos, materia.
Dispari, entità limitata, simbolo della perfezione, del bene, della forma, della proporzione.




Il 10 era il numero perfetto, perché era sia pari che dispari.
Veniva rappresentato con la figura della tetractýs:






Sara Keller 3B